Per primo ci aveva provato Dante Alighieri nel suo De Vulgari Eloquentia: nella sua conta erano 14 i volgari parlati in varie zone della Penisola, a loro volta suddivisi in molte varietà a seconda di una città, borgo o quartiere. Gli ultimi in ordine di tempo sono gli esperti dell’Unesco con un report datato 2017, che identifica 29 zone linguistiche differenti in Italia: sono i dialetti che resistono nella tradizione orale delle comunità sul territorio. E ci sono altri 3 patois che sono di difficile mappatura, perché nascosti nelle valli alpine al confine con l’Austria e la Svizzera ma ancora vivi e vegeti. Anche se in pericolo, i nostri dialetti non sono a rischio estinzione immediata perché ancora in uso tra la popolazione.
Il dialetto più parlato è quello napoletano usato non solo in Campania ma, sempre secondo il report Unesco, anche nel sud del Lazio, nelle Marche, in Abruzzo, in Basilicata, nel Nord della Calabria, nella parte centrale della Puglia e in una piccola porzione di Umbria. I puristi forse storceranno il naso per questa ampia mappatura, che spazia ampiamente tra le regioni allontanandosi da Napoli. Non tutti saranno d’accordo, perché entra in gioco l’Italia dei campanili, cioè delle dispute sul pluralismo di tradizioni, culture, paesaggi nel raggio di pochi chilometri. Ma questo discorso vale anche per il siciliano parlato da 5 milioni di persone tra l’isola e le zone meridionali di Calabria e Puglia, oltre che in diverse comunità di emigrati sparse per il mondo soprattutto concentrati sulla costa Est degli Stati Uniti.
Il lombardo è utilizzato da 3 milioni di persone oltre che in Lombardia anche in provincia di Novara, nel canton Ticino e in alcune zone dei Grigioni in Svizzera. Poi ancora 2 milioni di persone parlano l’emiliano-romagnolo, il piemontese e il veneto; oltre 1 milione di italiani utilizzano il dialetto ligure così come quello sardo, mentre il friulano resiste tra 600.000 persone nell’estremo Nordest. Interessante segnalare le 200 persone scarse che parlano töitschu, una lingua della comunità di origine valser di Issime, nella valle del Lys, in Val d’Aosta.
Un self service, tante opportunità
I nuovi terminali di piazzale delle Eni Live Station sono una generazione di modelli con monitor digitali che, oltre alle funzioni tradizionali, consentono al cliente un'esperienza unica e completamente interattiva. Inoltre l’esperienza lato cliente è ulteriormente migliorata grazie all’interfaccia linguistica che offre 5 idiomi differenti (italiano, inglese, tedesco, spagnolo, francese) e, dove già attivo il servizio, anche il dialetto del territorio. Perché la stazione di servizio è un “mobility point” che offre anche un simpatico viaggio (virtuale) nel tempo. Dal lancio del progetto EVS, sono stati installati i nuovi terminali di piazzale smartOPT su circa 1.700 Eni Live Station consentendo così ai singoli punti vendita di aderire a nuove e importanti iniziative e adottare tecnologie sempre più all’avanguardia, applicabili direttamente su un terminale facilmente identificabile.
Perché il dialetto? L’Italia è un mix di realtà, di sapori, di usanze, di forme, di odori e di lingue, è un mix di tante culture, tutte uniche, ognuna con le sue peculiarità, tutte diverse, ma tutte unite sotto un’unica bandiera. I comuni d’Italia sono oltre 7.900 e ognuno di essi ha grossomodo il suo dialetto. I dialetti nei Video Terminali è partito a ottobre 2020 con un progetto pilota che ha coinvolto 18 punti vendita tra Taranto, Lecce, Rimini, Roma e Casal Monferrato. Si è creato molto interesse sui media dei territori coinvolti da questa con la ripresa della notizia sulle principali testate giornalistiche: ANSA, RAI1, Striscia la notizia, Gazzetta dello Sport, La Repubblica, Corriere TV, TGCOM24. Per questo motivo è stato poi portato a regime a livello nazionale. In questo progetto si è scelto di adottare, per tutti i comuni della stessa provincia, il dialetto del capoluogo, perché molto spesso quello di un comune è simile al dialetto dei paesi vicini e si differenzia per dettagli come le intonazioni, le vocali o alcune parole. Per questa proposta insolita e al tempo stesso innovativa per Video Terminali delle Eni Live Station sono stati realizzati 110 dialetti, uno per ogni provincia. Ogni dialetto è composto da 48 tracce per un totale di 5.280 file audio. Con l’aggiornamento del software per il caricamento dei dialetti è stata rilasciata anche una nuova versione dell’interfaccia grafica. Contestualmente sarà aggiornata anche la nuova lingua italiano di default Eni.
Questa iniziativa fa parte di un progetto più ampio per quanto riguarda il Terminale Digitale delle Eni Live Station, che si concretizza con una architettura proprietaria brevettata da Eni progettata in cloud. I monitor digitali sui terminali di piazzale associano alle funzioni tradizionali di pagamento la possibilità di interagire direttamente con il cliente comunicando iniziative, offerte e servizi personalizzati come pagamento del rifornimento in self, pagamento ricariche elettriche, pagamento Eni Parking (ove presenti), pagamento bollettini postali e Pago Pa. E si possono leggere anche le notizie di Agi.